Privacy e dati online: cosa succede quando installiamo una nuova app?

Ogni volta che scarichiamo un’app sul nostro smartphone concediamo delle autorizzazioni per farla funzionare. Queste richieste cercano di accedere a varie parti del dispositivo, che vanno dalla videocamera al microfono ai messaggi di testo fino ai servizi di localizzazione. Ma cosa succede alla nostra privacy e dati online quando concediamo queste autorizzazioni?

Facebook ad esempio ha un elenco quasi inesauribile di richieste di autorizzazione, incluso l’accesso a foto e video, testi e calendario, nonché la possibilità di registrare audio e di aggiungere ed eliminare i contatti. Molte di queste autorizzazioni non sono nemmeno necessarie per il corretto funzionamento dell’app. A questo punto vale la pensa chiedersi quali sono le informazioni che stiamo cedendo e soprattutto, vale la pena cederle per usare una semplice app?

I ricercatori dell’Università di Oxford hanno analizzato quasi un milione di app nel Google Play Store negli Stati Uniti e nel Regno Unito, risultato: oltre il 90% delle app è impostato per tracciare e trasmettere informazioni a Google. Le app condividono i dati degli utenti anche con altre aziende, per una media di 10 terze parti ad app. Le cose non vanno meglio sull’App Store Apple per quanto l’azienda di Cupertino vanti il contrario.

Perché siamo invasi da pubblicità mirate, vendita di dati e monitoraggio delle nostre preferenze? Perché queste attività generano introiti. Scarichiamo un’app gratuita, i nostri dati vengono tracciati e venduti ad un’azienda che ci mostrerà la pubblicità giusta per noi e chissà, alla fine completeremo l’acquisto. E dunque le app a pagamento sono più sicure? Generalmente sì perché tendono ad avere politiche sulla privacy migliori in quanto le entrate generate provengono da abbonamenti, non dalle vendite di dati.

Ma non tutti al mondo, non tutti gli utenti che possiedono uno smartphone e una connessione hanno anche i soldi per pagare abbonamento a Spotify, Audible o qualunque altro servizio. E dunque ecco che scattano le app gratuite ma riempite di pubblicità.

Per ogni app di fitness gratuita che tiene traccia e monitora le nostre abitudini di allenamento e le condivide con terze parti, esiste una versione a pagamento che non ci spia o al limite tutela in modo migliore la privacy. È una storia simile con le app per le mestruazioni, di recente molto criticate, le app per la salute in generale (per rimanere su un tema attuale) e molte altre ancora. Purtroppo questo ecosistema digitale porta ad una spaccatura, una divisione tra chi può permettersi di pagare e proteggere i propri dati e chi acconsente a trasferire pezzi della propria privacy digitale pur di usufruire di qualche nuova app (a volte persino necessaria se vogliamo rimanere in contatto con il mondo esterno).

Ma se è così dovremmo installare solo app a pagamento? Purtroppo questo non è possibile, almeno, non lo è per tutti. Per tutelare la nostra privacy dunque dovremmo iniziare a dare più valore a ciò che facciamo online, educarci digitalmente e iniziare ad utilizzare degli strumenti per proteggerci, anche continuando a godere delle nostre app free: installare un adblocker, usare una VPN, dove è possibile acquistare app a pagamento e soprattutto fare sempre attenzione alle autorizzazioni concesse e alle impostazioni di privacy.

Il futuro delle app dipende anche dalla coscienza dei consumatori.